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MagnetetisMM-32 Uno studio che valuta gli effetti di un farmaco chiamato Elranatamab in pazienti con Mieloma Multiplo ricaduti dopo altri trattamenti inclusi trattamenti precedenti con anticorpi Anti-CD e Lenalidomide

CODICE STUDIO

NCT06152575

TIPOLOGIA

Ricaduti

NOME SPONSOR

Pfizer

DESCRIZIONE

Si tratta di uno studio rivolto a pazienti affetti da Mieloma Multiplo ricaduto dopo almeno una linea di terapia. E’ necessario che i pazienti abbiano ricevuto un trattamento precedente con due tipologie di farmaci: un anticorpo anti-CD38 (es. Daratumumab o Isatuximab) e Lenalidomide. Lo studio prevede l’assegnazione casuale al trattamento sperimentale, che consiste nell’anticorpo bispecifico Elranatamab, oppure la terapia standard, che consiste nella scelta da parte dell’ematologo curante di uno tra tre possibili schemi di trattamento, che verranno descritti in seguito.
Per quanto riguarda il trattamento sperimentale, è rappresentato dall’anticorpo bispecifico Elranatamab. Tale anticorpo ha la proprietà di avvicinare i linfociti T, cellule molto efficaci del sistema immunitario, alle cellule ammalate. Quando il linfocita T si trova vicino alla cellula tumorale, si attiva ed uccide la cellula bersaglio. L’attività di uccisione delle cellule tumorali è estremamente elevata e, di conseguenza, l’efficacia terapeutica è in grado di controllare forme di malattia molto gravi. L’effetto collaterale principale è legato all’attivazione eccessiva del sistema immunitario, ed è rappresentato dalla possibile insorgenza dei sintomi di una sindrome che viene chiamata “sindrome da rilascio di citochine” o CRS. I disturbi tipici della CRS consistono nell’insorgenza di febbre, che può essere anche molto alta, abbassamento della pressione arteriosa, tanto da dovere ricorrere all’infusione di liquidi per via endovenosa, e riduzione dell’ossigeno nel sangue, per cui si rende necessario un supporto con occhialini o mascherina. La severità di questi sintomi è variabile, sebbene, grazie alle terapie oggi disponibili, nella gran parte dei casi sia possibile gestirli in reparto. Nei rari casi più gravi è invece opportuno un trasferimento in terapia intensiva. La CRS compare dopo circa 5-7 giorni dalle prime infusioni di elranatamab e, generalmente, si risolve in una settimana. Un altro disturbo che può verificarsi in una piccola quota di pazienti è chiamato ICANS e consiste nella comparsa di disturbi neurologici di severità variabile, che vanno da un modesto stato di confusione alla comparsa di crisi epilettiche o coma. Anche in questo caso, grazie ai trattamenti disponibili, è possibile contenere la sintomatologia a forme generalmente leggere o moderate. L’ICANS può comparire dopo alcune settimane dalle prime infusioni di Elranatamab e le sue manifestazioni possono richiedere diversi giorni per risolversi completamente. In generale, tutti questi disturbi sono completamente reversibili e non lasciano esiti. Altri disturbi che si possono verificare in seguito all’infusione di Elranatamab sono una riduzione dei valori dei globuli bianchi, delle piastrine e dell’emoglobina, che può perdurare alcuni mesi, e, più in generale, un abbassamento delle difese immunitarie di durata prolungata.
Il trattamento standard consiste nella scelta da parte dell’ematologo curante di una delle seguenti 3 possibili opzioni terapeutiche. La prima possibilità consiste nella combinazione di 3 farmaci: Elotuzumab + Pomalidomide + Desametasone. Il trattamento consiste nell’assunzione di farmaci per bocca in combinazione con un anticorpo monoclonale che viene somministrato endovena, settimanalmente per i primi 2 mesi, quindi una volta al mese. Il trattamento è ben tollerato ed il disturbo principale consiste in un aumentato rischio infettivo.
La seconda possibilità consiste nella combinazione di Pomalidomide + Bortezomib + Desametasone. Si tratta di un trattamento ben tollerato, tuttavia va sottolineato come siano necessari frequenti accessi in ospedale per la somministrazione di Bortezomib. Per quanto riguarda la tossicità, vanno segnalati due possibili disturbi principali: infezioni e neuropatia periferica. La neuropatia periferica consiste nella comparsa di una sensazione di formicolio e di ridotta sensibilità, che ha inizio all’estremità dei piedi che, successivamente, tende a risalire verso l’alto.
La terza possibilità consiste nella combinazione di Carfilzomib e Desametasone. Si tratta di un trattamento che necessita frequenti accessi in ospedale per la somministrazione del Carfilzomib. Nel complesso è ben tollerato, tuttavia va ricordato come sia necessario un controllo molto attento della pressione arteriosa, dal momento che la terapia può causare ipertensione e alterazioni della funzione cardiaca.

FARMACI UTILIZZATI

Carfilzomib, Elotuzumab, Elranatamab, Pomalidomide, Desametasone